Per non sapere né leggere e né scrivere: idee per un’inchiesta approfondita sui mancati pagamenti nel mondo dell’editoria

Question mark with books di Miguel Navarro (immagine presa da www.gettyimages.in)

Question mark with books di Miguel Navarro
(immagine presa da http://www.gettyimages.in)

Ho letto con molto piacere questo articolo di Marco Bascetta su il manifesto perché finalmente si comincia ad affrontare la questione della prestazione d’opera gratuita e/o della morosità dei clienti (sono due facce della stessa medaglia), soprattutto nell’ambito dei lavori legati alla cultura, con l’attenzione e la competenza che merita un discorso tanto complesso. Ho sempre pensato, anche all’epoca della breve (ma intensa) esperienza di Editori che pagano che la questione andasse ben al di là dei traduttori non pagati e anche ben al di là dell’editoria stessa. Un giornalista che voglia analizzare il problema del lavoro gratuito volontario o della morosità reiterata e impunita nel campo dell’editoria dovrebbe comunque tener presente che il discorso si inserisce in un contesto molto più vasto e complesso. Non c’è da stupirsi quindi che finora sul tema si siano letti (e soprattutto online) articoli per lo più imprecisi, incompleti, acriticamente di parte o semplici copia e incolla. Un’inchiesta seria sul tema è un lavorone che non tutti i giornalisti sarebbero in grado di affrontare. Ci vogliono solide basi in campo sociologico ed economico per evitare di cadere nella banalità, o in qualunquismi e generiche accuse da una parte e dall’altra della barricata. Io penso che si dovrebbero prendere in considerazione questi aspetti: 1) Quali sono gli ambiti lavorativi in cui più di frequente si verificano casi di ritardi e morosità nei pagamenti. 2) Quali sono gli ambiti lavorativi in cui più di frequente si verificano casi di lavoratori disposti a offrire la propria opera gratuitamente o in cambio di compensi non commensurati alla complessità del lavoro che svolgono. 3) All’interno dei settori di cui al punto 1, quali sono le figure che maggiormente ne risentono (per esempio, nel campo dell’editoria, se un editore deve “scegliere” chi non pagare o chi pagare in ritardo tra un tipografo e un redattore esterno, probabilmente sceglierà il secondo). 4) Tracciare un profilo socioeconomico delle figure di cui al punto 2 e vedere come e di cosa campano realmente. 5)  In quali ambiti i creditori sono più propensi a non ricorrere a un avvocato o comunque meno combattivi e provare a ipotizzare i motivi. 6) Illustrare in che modo la legge tutela i creditori oppure offre scappatoie ai debitori (la questione delle s.r.l, per esempio). 7) Entrare finalmente nel merito del mondo dei lavori culturali in genere e dell’editoria in particolare analizzando casi concreti. Tracciare un quadro dei motivi dietro l’ormai annosa crisi del mondo dell’editoria in Italia e in altri paesi. 8) Cosa c’è dietro il silenzio (silenzio inteso sia come scelta di non fare i nomi in pubblico, sia come scelta di non ricorrere a un avvocato). 9) Analizzare casi in cui i creditori hanno scelto di parlare pubblicamente, tipo la famosissima querelle (che trovate qui) tra Federico Di Vita e Voland che ormai è diventato un piccolo classico del genere. 10) Analizzare i pro e dei contro del parlare pubblicamente dei propri crediti (la vexata  queestio dei rischi di denuncia per diffamazione) 11) Analizzare casi in cui i creditori hanno deciso di rivolgersi all’avvocato, descrivere l’iter e  illustrare l’esito dei casi già risolti. 12) Dare la parola agli editori per vedere in che modo giustificano in pubblico e in privato il loro comportamento. 13) Dare la parola ai lettori e vedere come giudicano il comportamento degli editori e quello dei creditori e cercare di capire perché a volte decidano di stare dalla parte di chi non paga o quanto meno di minimizzarne le responsabilità. 14) Fare un paragone tra la situazione in Italia e altri paesi europei tenendo anche conto dei diversi modi di gestire e finanziare la cultura in genere e l’editoria in particolare. 15) Elencare possibili soluzioni (nuove proposte o esempi di casi reali, in Italia e all’estero). E sicuramente avrò dimenticato altri punti fondamentali da approfondire. Questo è solo un abbozzo, solo alcuni spunti. Aspetto fiduciosa.

6 pensieri su “Per non sapere né leggere e né scrivere: idee per un’inchiesta approfondita sui mancati pagamenti nel mondo dell’editoria

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  3. Più sul fronte psico-sociologico, forse andrebbe anche cercato di capire perché non sappiamo dire di no a priori a questa situazione. Cioè, perché in tanti, troppi, spesso continuiamo a prestarci piuttosto di buon grado a un lavoro gratuito o semi-gratuito o non particolarmente ben retribuito in ambito editoriale, né più né meno che come vittime sacrificali per far andare avanti non si sa ancora per quanto una baracca in realtà sempre più pericolante, sotto l’urto del digitale e dei nuovi modi di produrre informazione e cultura e di usufruirne. O, se vogliamo, perché lavorare per l’editoria – che si tratti di giornalismo oppure di traduzione e in generale di creazione e pubblicazione di testi – oggi abbia sempre di più l’aria di un “prostituirsi”: a volte a pagamento (lauto o suppergiù soddisfacente solo riuscendo a garantire l’equivalente di una “girlfriend/boyfriend experience”, mentre per il resto si tratta quasi soltanto di mediocri “marchette”); altre addirittura a gratis, un po’ alla maniera del porno amatoriale, tanto per il gusto e il piacere di esibirsi e farsi notare. In altri termini, perché non riflettere anche sul fatto che un po’ ovunque, ivi compresa perciò la sfera della cultura e dell’informazione, siamo di fronte a una crescente “pornificazione” del lavoro, se non della stessa esistenza.

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    • Caro ennemme, mi piace il paragone con il porno, se non fosse che (almeno credo) nel mondo del porno in genere girino bei soldini anche per gli attori. Sì, ci saranno anche gli amatori che lo fanno per esibizionismo, ma credo che i più lo facciano per soldi.
      Secondo me comunque di questo aspetto psicologico che evidenzi tu non dovrebbe parlare tanto un’inchiesta giornalistica ma un romanzo, o un film. E’ una tematica interessantissima, che andrebbe trattata come si deve, senza manicheismi, senza macchiettismi, con la complessità e la profondità che merita.

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  4. Non ci crederai, cara Federica, ma a quanto pare anche il mondo del porno – quello professionista, cioè – comincia quasi a piangere miseria: per la recessione, e più ancora per la grande diffusione del porno amatoriale e dei contenuti gratuiti sul web. Vedi due fonti abbastanza affidabili come Panorama e Affaritaliani
    http://archivio.panorama.it/economia/C-e-la-crisi-anche-il-porno-piange-miseria
    http://www.affaritaliani.it/culturaspettacoli/il-porno-amatoriale-mette-in-crisi-l-industria-hard.html

    Stai perciò a vedere che i due mestieri più antichi del mondo non siano realmente collegati (soprattutto nell’attuale crisi del mercato) più di quanto si potrebbe pensare a prima vista.

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