Gli occhi degli altri

872173-e703d194-8df5-11e3-85e9-380f5af7df8a

Martin Amis da molto giovane

Questo articolo comparso qualche giorno fa sul Fatto Quotidiano passa in rassegna alcuni titoli e autori tradotti in italiano con un ritardo di decenni e si interroga sui possibili motivi di queste pubblicazioni differite. La mia ignoranza in fatto di strategie e marketing editoriale mi impone di tacere su questo punto. Timidamente, mentre traducevo L’invasione degli Space Invaders di Martin Amis, mi chiedevo se quella operazione avesse senso culturalmente e commercialmente.
Non mi sono posta queste domande traducendo Il primo romanzo di Martin Amis, pubblicato da Einaudi qualche giorno fa come Il dossier Rachel, dopo ben 42 anni dalla sua pubblicazione in inglese. Continua a leggere

Ancora tu? Ma non dovevamo rivederci più?

Madeleine e tè (the cat is under the table).

Madeleine e tè (the cat is under the table).

L’arrivo del file rivisto è sempre un momento delicato per un traduttore. Spesso sono passati mesi dalla consegna, e per un traduttore la consegna coincide psicologicamente con una separazione faticosa e una liberazione. Per cui, quando il file ritorna, visto e maneggiato da un’altra persona, non è che facciamo proprio i salti di gioia, pur sapendo che è un passaggio assolutamente imprescindibile: non possiamo mandare in stampa a nostro nome un libro con delle modifiche non approvate da noi o peggio ancora che non ci vengono nemmeno comunicate.  Continua a leggere

Tradurre La guerra contro i cliché di Martin Amis

Vaccheria Nardi - Tiburtino Terzo, Roma

Vaccheria Nardi – Tiburtino Terzo, Roma

È appena uscita per Einaudi una raccolta di saggi letterari di Martin Amis dal titolo La guerra contro i cliché. In effetti, i pezzi qui contenuti sarebbero articoli, recensioni e interviste che Amis ha scritto nell’arco di una trentina d’anni per quotidiani e riviste – e che in inglese sono stati già tutti raccolti in tre diversi volumi: The Moronic Inferno, Visiting Mrs Nabokov e The War Against Clichés, – più un articolo uscito sul Guardian per la morte di J.G. Ballard, suo mentore amato e odiato e vecchio amico di famiglia. Sarebbero articoli, dicevo, ma del saggio letterario questi pezzi hanno l’ampiezza, il respiro, la profondità. Continua a leggere

Quando la lingua non è trasparente

Fiona Phillips; Oil, 2012, Painting "Raining Cats and Dogs"

Fiona Phillips; Oil, 2012, Painting “Raining Cats and Dogs”

Credo che nessun traduttore avrebbe dubbi su come rendere frasi tipo “they were like chalk and cheese”, “piece of cake” o “break a leg”: in qualsiasi modo, ma non letteralmente. Ma cosa succede quando un modo di dire, un gioco di parole, un riferimento alla lingua di partenza va oltre e non è più un semplice veicolo di significato, ma diventa un’occasione di riflessione sulla lingua stessa? Come ci si comporta quando la lingua da cui stiamo traducendo non è più trasparente, ma diventa essa stessa parte della narrazione, parte della trama, un personaggio? Continua a leggere

Tradurre il vintage

In questi giorni ho letto con molto interesse una serie di articoli sulla nuova traduzione del Giovane Holden (per esempio questo, questo, questo e questo). Il compito che la casa editrice Einaudi ha affidato due anni fa a Matteo Colombo sembra un po’ un koan zen: ritradurre un classico moderno svecchiandolo senza modernizzarlo troppo. Cosa è filologicamente più corretto? Recuperare un lessico e un clima linguistico vicini all’italiano di un giovane di sessant’anni fa, pur non essendo Holden un giovane italiano di sessant’anni fa e nonostante i giovani italiani di sessant’anni fa non parlassero tutti allo stesso modo e forse nemmeno in italiano (o non lo stesso italiano)? Puntare a un gergo giovanile di oggi che rischia di essere obsoleto già domani oltre che anacronistico ieri oggi e domani? Optare per una via di mezzo, e cioè una lingua ibrida, fedele non a una verosimiglianza filologica, ma a una coerenza interna del testo che rispecchi, come dice giustamente Matteo Colombo, l’interpretazione, l’opinione, ovviamente parziale, che il traduttore dà del testo in questione? Ho amato moltissimo The Catcher in the Rye, che non ho mai letto in italiano, e non vedo l’ora di leggere la versione di Matteo. Quando all’epoca ho saputo che stava lavorando su Holden l’ho invidiato ma non l’ho invidiato. Immagine

M’interessano particolarmente le riflessioni attorno alla ritraduzione del Giovane Holden perché anch’io in questi giorni sono alle prese con un libro scritto vari decenni fa, quattro per la precisione. Si tratta di The Rachel Papers di Martin Amis, per Einaudi. Al contrario di Holden non è mai stato tradotto prima. Nel libro di Amis, l’influenza di Salinger c’è è si sente. The Rachel Papers è una narrazione in prima persona di un tardo-adolescente estremamente egoriferito. È, secondo molti lettori, e non saprei dire se a torto o a ragione, un Catcher in the Rye inglese, più cinico, e – anche per ovvi motivi cronologici – con più sesso, droga e rock and roll nel tessuto narrativo. Continua a leggere